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Genesi del thriller paratattico

Da qualche mese il blog Da dove sto scrivendo propone una versione paratattica di Gun, un breve racconto di Alfred Hitchcock, che costituisce il testo base da cui partire per sviluppare divertenti e inaspettate variazioni stilistiche sul modello dei famosi Esercizi di stile di Raymond Queneau, tradotti in italiano da Umberto Eco.

Forse a qualcuno potrà interessare sapere come è nata questa versione del brano di Hitchcock, che non è frutto del caso, ma di “arrangiamenti” successivi. Helgaldo, il blogger autore del rimaneggiamento del thriller di Hitchcock, è partito in realtà da una prima traduzione del racconto del maestro del brivido proposta da Luca Crovi in Noir, istruzioni per l’uso, edito da Garzanti. Alla ricerca di un testo breve, possibilmente neutro rispetto a scelte stilistiche ed espressive, la prima parte della traduzione di Crovi, decisamente paratattica, era l’ideale. Bisognava però proseguire su quella linea per avere un brano al contempo interessante, con una breve storia conclusa in sé, e che si prestasse a svariati rimaneggiamenti successivi.

Di tutta questa genesi del thriller paratattico rimane solo una labile traccia, sarebbe meglio dire un trascurabile indizio, nella firma al brano: Alfred Hitchcock con Helgaldo. Anche se l’involontario ponte tra Hitchcock ed Helgaldo, le due H, è in realtà Crovi. H-C-H, quasi una formula chimica. Sarà quella dell’arsenico?

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Una locandina per Hitchcock

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La locandina di Gas, film giovanile di Hitchcock, scritto e diretto quasi 90 anni fa.

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Un Hitchcock di penna

C’è un Hitchcock regista, famosissimo. Ma ce n’è anche un altro poco conosciuto, l’Hitchcock scrittore. Eccovi Gas, un brevissimo racconto del maestro del brivido.

Non era mai stata in quella zona di Parigi prima di allora, ne aveva soltanto letto nei romanzi di Duvain e l’aveva vista al teatro del Grand Guignol. Così era questa Montmartre? Quell’orrore in cui il pericolo stava in agguato al riparo della notte, dove anime innocenti perivano senza preavviso, dove un orribile destino attendeva l’incauto, dove l’Apache prosperava. Si muoveva con cautela all’ombra dell’alto muro, guardandosi furtivamente alle spalle per scorgere la minaccia nascosta che poteva seguire i suoi passi. All’improvviso si precipitò in un vicolo, senza curarsi di dove portasse… Muovendosi a tentoni nell’oscurità d’inchiostro con un unico pensiero fisso nella sua mente: sfuggire all’inseguitore… Andò avanti… Oh! Quando sarebbe finito? Finalmente un ingresso dal quale una lama di luce si offrì alla sua visione… Lì dentro… Dovunque porti, pensò. La porta si trovava in cima a una rampa di scale… Scale scricchiolanti per l’età, mentre tentava di discenderle… Poi udì risuonare una risata da ubriaco ed ebbe un brivido – di sicuro quello era… No, non quello. Tutto, ma non quello! Raggiunse il fondo delle scale e vide un bar che odorava di malsano, con resti di quelli che furono uomini e donne che partecipavano a un’orgia sfrenata… Poi la videro, una visione di purezza piena di terrore… Meglio essere preda del suo inseguitore, fu il suo unico pensiero fuggevole, mentre la trascinavano per la stanza. I mostri non persero tempo nello stabilire il suo destino. Si sarebbero divisi le sue cose… e lei… Non era questo il cuore di Montmartre? Lei sarebbe stata un premio per i topi. La legarono e la portarono lungo il passaggio scuro, sopra una rampa di scale che dava sul fiume. I ratti di fiume avrebbero festeggiato, dissero. Poi… dondolando il suo corpo avanti e indietro, la gettarono nelle acque scure e turbinose. Scendeva, continuava a scendere, giù. Provava soltanto una sensazione di soffocamento, questa era la morte… poi… “Ho finito, signora”, disse il dentista. “Mi deve mezza corona, grazie”.

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